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La sindrome di Munchausen è un disturbo di natura psichiatrica, in cui il soggetto che ne è affetto finge o riproduce intenzionalmente i sintomi di una patologia fisica o di un trauma psicologico. Nella maggior parte dei casi, il paziente tende a simulare una sintomatologia di tipo fisico. Chi soffre di questo disturbo assume il ruolo di malato per cercare e ricevere le attenzioni delle altre persone. In questo articolo, analizzeremo le cause e i sintomi, nonché i possibili trattamenti della sindrome di Munchausen.
La sindrome di Munchausen nel DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) prende il nome di “disturbo fittizio”. Si tratta di una condizione psicologica in cui il soggetto finge di essere malato per attirare l’attenzione su di sé. La sindrome è molto più complicata del semplice fingersi malati per saltare qualche giorno di lavoro o per beneficiare di una qualche pensione di invalidità. Infatti, la condizione non è legata a fattori esterni, ma interni al paziente stesso, riconducibili a traumi subiti durante l’infanzia o altri disturbi di natura psichiatrica.
Esiste un’altra declinazione della sindrome di Munchausen che è quella per procura, definita disturbo fittizio imposto a un altro. Questa condizione si presenta, in genere, in persone che si prendono cura di qualcun altro, come un genitore o caregiver che si occupa di un bambino. È bene sottolineare che il soggetto vittima non è solo il bambino, ma qualsiasi altra persona non autosufficiente, come anziani o disabili. In questo contesto, chi accudisce l’altro produce o falsifica intenzionalmente segni fisici o psicologici nel bambino, per esempio.
A tal proposito, può danneggiare il figlio volontariamente con farmaci o altre sostanze oppure compromettere l’esito degli esami, aggiungendo, per esempio, delle gocce di sangue alle urine, in modo da simulare una malattia realmente esistente. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, i sintomi non sono riconducibili a una patologia in particolare, ma si tratta di una sintomatologia generica, come febbre, disturbi gastrointestinali e quant’altro. Questo rende, quindi, difficile identificare la sindrome di Munchausen per procura, a maggior ragione se il bambino o la persona non autosufficiente non può comunicare a parole i propri sintomi. Un fattore molto frequente, in questi casi, sono le molteplici ospedalizzazioni.
Dagli studi condotti in materia, è emerso che solitamente il caregiver applica tali condotte per coprire un proprio stato di sofferenza psichica, solitudine, inadeguatezza, incompetenza o bassa autostima. I motivi che causano tali comportamenti possono essere molteplici, quali:
La sindrome di Munchausen per procura è considerata una forma di abuso su minore e, per tale motivo, è perseguibile penalmente.
Disclaimer: le informazioni fornite non sono da considerarsi esaustive.
A seconda delle condotte praticate dal soggetto affetto dalla sindrome di Munchausen, i sintomi possono essere diversi. In linea generale, possono comprendere:
Altre caratteristiche tipiche di chi soffre della sindrome di Munchausen includono:
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Le cause della sindrome di Munchausen non sono ancora del tutto chiare. Tuttavia, la comunità scientifica crede che l’origine del disturbo sia attribuibile a due principali fattori, quali:
Questi disturbi, spesso, portano il soggetto ad isolarsi e a interrompere i rapporti non solo con la società, ma anche con amici e parenti.
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Per riconoscere la sindrome di Munchausen, è opportuno prestare attenzione a determinati elementi, che compaiono frequentemente nei soggetti affetti dalla condizione, quali:
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Come abbiamo già menzionato, è molto difficile diagnosticare la sindrome di Munchausen. Questo accade perché i soggetti che simulano i sintomi di una qualche patologia sono molto bravi ed esperti nel farlo. Oltre a ciò, conoscono molto bene anche i modi in cui è possibile procurarsi dei danni, senza lasciar intendere che si tratti di una messa in scena.
Per venirne a capo, quindi, i medici non si possono basare esclusivamente sui sintomi riferiti dal paziente, ma devono prestare attenzione ai dettagli. Durante una prima analisi, l’esperto valuta se vi è coerenza tra ciò che lamenta il paziente e i risultati delle prime indagini cliniche. Successivamente, il medico può decidere di mettersi in contatto con la famiglia del soggetto, per capire se effettivamente il paziente ha delle problematiche, anche di natura psichiatrica. In ultimo, l’esperto può sottoporre la persona che soffre della sindrome a ulteriori test, per accertare l’effettiva presenza di una patologia o per smentire tale ipotesi. Attraverso alcuni esami ematici, infatti, è possibile sapere se il soggetto ha assunto dei farmaci o altre sostanze, allo scopo di recarsi danno intenzionalmente.
Una volta che il medico ha accertato che il paziente finge circa i propri sintomi o la propria malattia, è necessario indagare il motivo di questo suo comportamento, attraverso una diagnosi differenziale, che tiene in considerazione altri aspetti, come quelli psicologici. Questa indagine viene eseguita per esclusione, scartando prima i fattori esterni. Per esempio:
Nel caso in cui l’indagine effettuata escluda ragioni esterne e se l’unico motivo della condotta disfunzionale è riconducibile al desiderio di attenzione, allora è molto probabile che il soggetto soffra della sindrome di Munchausen. In tutto ciò, il paziente può essere sottoposto anche a una valutazione psicologica per vedere se presenta i tratti tipici di condizioni psichiatriche, strettamente correlate alla sindrome, come i disturbi di personalità.
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Così come per la diagnosi, anche il trattamento della sindrome di Munchausen non è dei più semplici. Questa difficoltà sta proprio nel fatto che il paziente non è consapevole della propria condizione e che, sì è malato, ma non della patologia che vuole far credere. La maggior parte delle volte, il soggetto non accetta tale realtà e, quindi, intervenire risulta davvero complicato. Tuttavia, quando il paziente decide di farsi aiutare, è possibile attuare diverse tipologie di terapia.
Generalmente, sono due i principali approcci utilizzati per trattare la condizione, quali:
Durante le sessioni di psicoterapia, lo psichiatra può individuare i presupposti per la somministrazione di psicofarmaci. Per esempio, se il paziente soffre di un disturbo di personalità, l’esperto può prescrivergli determinati farmaci per ridurne i sintomi. Oppure, se dall’analisi emerge una forma di depressione legata all’isolamento sociale, può prescrivergli degli antidepressivi, come gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI). Tuttavia, è bene ricordare che i farmaci servono solamente per migliorare la gestione dei sintomi e non per curare la sindrome di Munchausen di per sé.
Oltre a questi diversi tipi di terapia, il supporto dei familiari è fondamentale per aiutare il paziente durante il percorso di guarigione. Devono, infatti, conoscere le caratteristiche della patologia e sapere come comportarsi nel momento del bisogno. Per fare ciò, i familiari possono seguire delle sessioni di psicoeducazione. Inoltre, considerando che chi soffre della sindrome di Munchausen tende all’isolamento sociale, è molto importante che la famiglia stia accanto al proprio caro e che lo coinvolga nelle varie attività.
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Ipocondria e sindrome di Munchausen sono due condizioni diverse. La prima è un disturbo psichico, caratterizzato da una preoccupazione eccessiva per la propria salute e una paura intensa nei confronti delle malattie e della morte. Chi soffre di ipocondria, infatti, interpreta erroneamente le informazioni provenienti dal proprio corpo e dagli specialisti, convincendosi di avere una patologia specifica. Invece, nel caso della sindrome di Munchausen, come abbiamo spiegato nell’articolo, il soggetto simula i sintomi di una qualche malattia per attirare l’attenzione su di sé. Quindi, non è terrorizzato dalle patologie, come accade a chi soffre di ipocondria, ma finge di essere malato per colmare un bisogno emotivo personale, ossia quello di essere accudito e assistito dagli altri, nonché essere al centro dell’attenzione.
Vi sono diversi casi celebri che documentano la sindrome di Munchausen per procura. Per esempio:
Gypsy Blancharde: la madre di Gypsy, Dee Dee, è riuscita a convincere tutto il mondo che la figlia stesse morendo per cause naturali. L’ha costretta per anni sulla sedia a rotelle, l’ha imbottita di farmaci e le rasava la testa per far credere che fosse malata. Un giorno Gypsy, per sottrarsi ai soprusi di Dee Dee, assoldò il suo ragazzo per assassinare la madre.
Lancey Spears e il figlio Garnett: Lancey Spears per anni ha documentato sui social le lotte del figlio contro la malattia. Nel 2014, il piccolo Garnett morì all’età di soli 5 anni. Dalle indagini, emerse un elevato quantitativo di sodio nel sangue del bambino. La madre venne poi arrestata e condannata a 20 anni di reclusione, con l’accusa di aver avvelenato e ucciso il figlio.
Marybeth Tinning: tra il 1967 e il 1985, Marybeth diede alla luce 9 bambini. Nessuno dei quali sopravvisse oltre i 4 anni di età. Inizialmente, si credette che la famiglia fosse affetta dal “gene della morte” e che, quindi, la causa delle morti premature dei bambini fosse di tipo genetico. Tuttavia, a seguito delle indagini, la polizia ha potuto appurare che Marybeth aveva ucciso uno dei suoi figli, soffocandolo. Più avanti, la donna confessò l’omicidio di altri suoi figli. Si pensa che in totale ne abbia uccisi 8, mentre uno sembra essere morto per cause naturali.
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