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La sindrome di Medea è la tendenza di un genitore ad isolare i figli dall’ex coniuge, a seguito di un divorzio o una separazione conflittuale, mettendo in atto strategie manipolatorie. Si tratta di una forma di abuso emotivo perpetrata sui figli, per far soffrire ed escludere l’ex partner. Tale disturbo non ha solo conseguenze sul genitore preso di mira, ma si ripercuote principalmente sui figli, causando danni importanti, talvolta permanenti, allo sviluppo della loro personalità. Continua a leggere l’articolo per scoprire nel dettaglio cos’è la sindrome di Medea, quali sono i comportamenti manipolatori, le conseguenze sui figli e le varie opzioni di trattamento.
Il termine “sindrome di Medea” viene coniato per la prima volta verso la fine degli anni ’80 (più precisamente, nel 1988) dallo psicologo Jacobs, per indicare la tendenza di un genitore ad isolare l’altro, allontanandolo così dai figli. Anche conosciuta come complesso di Medea, tale disturbo origina da una tragedia greca di Euripide, da cui prende appunto il nome. La leggenda narra che Medea, sposa di Giasone, uccide i propri figli per vendicarsi del marito, dopo che l’ha lasciata per un’altra donna. Accecata dall’odio e dall’umiliazione per essere stata ripudiata, decide di uccidere la loro prole, in quanto discendenza di Giasone, eliminando così ogni legame con l’ex amato.
Ad oggi, nonché quando il termine fu coniato da Jacobs, la tragedia di Medea rappresenta una metafora che indica il comportamento materno volto alla distruzione del rapporto tra il padre e i figli, a seguito di separazioni coniugali conflittuali. In tal senso, la metafora dell’uccisione dei figli diventa simbolica, ossia finalizzata ad eliminare non i figli stessi, ma il rapporto di questi ultimi con il padre. Tale complesso rimanda al concetto di “alienazione parentale o genitoriale” che coinvolge entrambi i genitori, ossia che può essere messo in atto sia dalla madre che dal padre. Con il termine “alienazione genitoriale” si intendono, infatti, tutti quei comportamenti di un genitore che sono volti ad allontanare materialmente ed emotivamente i figli dall’altro genitore.
La sindrome di Medea si verifica, in genere, a seguito di separazioni o divorzi conflittuali. Al momento della separazione, infatti, uno dei due genitori può mettere in atto comportamenti che puntano a distruggere la relazione dei figli con l’altro genitore, come diretta conseguenza della fine del rapporto tra moglie e marito. Tale comportamento e il desiderio di allontanare i figli dall’ex partner deriva dalla mancata o cattiva elaborazione della separazione da parte di uno o entrambi i coniugi.
Non esistono dei veri e propri sintomi della sindrome di Medea, quanto più degli atteggiamenti particolari da parte di uno dei due genitori, presenti già prima della separazione o del divorzio. Per esempio, il coniuge alienante (ossia colui che mette in pratica i comportamenti di allontanamento) può manifestare atteggiamenti impulsivi e aggressivi, oltre che disturbi della personalità. Nei casi più complessi, possono essere presenti anche depressione e tendenze suicidarie. Nel corso della relazione di coppia possono essere diversi i segnali di una futura sindrome di Medea in caso di divorzio conflittuale. Per esempio, il fatto che la persona tenda a mettere in pratica comportamenti manipolari, se non addirittura violenti. Nella maggior parte dei casi, non si tratta di una violenza fisica nei confronti dei figli, ma di una forma di abuso emotivo e psicologico.
Alcuni comportamenti che mirano alla manipolazione psicologica ed emotiva dei figli, cosicché questi si allontanino o, nel peggiore dei casi, interrompano completamente e definitivamente il rapporto con l’altro genitore, possono includere:
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La causa della sindrome di Medea è rappresentata da una separazione o da un divorzio conflittuale o, meglio, dalla mancata o cattiva elaborazione dello stesso. In tal senso, il genitore alienante cerca di manipolare i figli, con lo scopo specifico di distruggere il rapporto che essi hanno con il genitore alienato. Mettendo in pratica delle strategie per sminuire o screditare l’ex coniuge, il genitore alienante riesce a plagiare la mente dei figli, affinché l’altro genitore esca dalla loro vita. Tale manipolazione ha l’unico scopo di far soffrire il genitore alienato, per mezzo dei figli (che ne sono vittime senza colpa), come diretta conseguenza del rapporto coniugale finito male.
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Secondo lo psichiatra infantile e forense Gardner, sono le madri coloro che più frequentemente soffrono della sindrome di Medea, dal momento che solitamente sono loro i genitori affidatari. Infatti, rispetto ai padri, le madri passano molto più tempo con i figli, cosa che gli dà più potere nella manipolazione dei figli. Tuttavia, esiste anche la sindrome di Medea maschile, in quanto il complesso può verificarsi altresì nei padri, sebbene con minore frequenza. Il motivo per cui i padri attuano comportamenti di alienazione nei confronti delle madri risiede nel fatto che, visto che i figli passano più tempo con la madre, questo può portare il padre a sentirsi meno utile nel ruolo genitoriale rispetto alla figura materna. Per tale motivo, tendono a mettere in atto comportamenti manipolatori volti a minare il rapporto dei figli con la madre.
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Le conseguenze della sindrome di Medea si riversano principalmente sui figli. Questi diventano le vittime dell’alienazione genitoriale. I genitori, in sostanza, spingono i figli a prendere le parti di uno dei due, motivo per cui il minore si sente combattuto all’idea di far soffrire la madre o il padre. Tale costrizione rappresenta un abuso psicologico e emotivo, in quanto il genitore obbliga il figlio a compiere una scelta innaturale, con lo scopo di allontanare ed escludere l’ex coniuge dalla loro vita. La peggiore conseguenza per il bambino o ragazzo è lo sviluppo della cosiddetta sindrome da alienazione genitoriale, che può comportare l’insorgenza di problematiche relazionali, personali ed affettive significative.
In particolare, l’impatto di tale comportamento sui figli può causare i seguenti esiti:
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La sindrome di Medea, come abbiamo visto, può rappresentare un pericolo per il corretto sviluppo della personalità del minore. Per tale motivo, in presenza di questo disturbo, è indispensabile intervenire. Il complesso di Medea può essere considerato una forma di abuso su minore e, in quanto tale, è possibile prendere misure legali per combatterla.
Dal punto di vista psicologico, invece, per quanto riguarda le ripercussioni sui figli, sul genitore alienato, su quello alienante o sugli altri membri della famiglia, è necessario rivolgersi ad un professionista di salute mentale, come psicologi o psicoterapeuti.
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Per prevenire le spiacevoli ripercussioni che la sindrome di Medea ha sull’intera famiglia, è necessario che i genitori si comportino da adulti e in modo maturo e consapevole. È indispensabile non coinvolgere i figli nelle questioni matrimoniali, a maggior ragione se si tratta di una separazione conflittuale. Nel caso in cui gli attriti siano troppo intensi da compromettere la comunicazione tra i due coniugi, è necessario chiedere l’aiuto di un professionista e ricordarsi che il bene dei figli viene prima di tutto. Psicologi e psicoterapeuti possono aiutare entrambi i genitori durante la separazione, cosicché imparino a gestire al meglio la situazione delicata che stanno vivendo, senza che essa influisca negativamente sulla crescita dei figli.
Dopo aver avuto la certezza che il genitore con sindrome di Medea stia manipolando i figli nel tentativo di escludere l’altro genitore dalla loro vita, è possibile che le autorità limitino il tempo del bambino con il genitore alienante e lo aumentino con il genitore preso di mira. A seguito di un percorso psicologico, il bambino potrà abbandonare i pensieri distorti istillatigli dal genitore alienante, al fine di ricucire il rapporto con il genitore alienato. Ogni bambino è un caso a sé. Per tale motivo, potrebbe volerci più o meno tempo per riacquisire la completa fiducia in sé stessi e negli altri.
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