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Considerato uno dei più comuni fra i disturbi del neurosviluppo nei bambini, il disturbo dell’attenzione, anche conosciuto con l’acronimo AHDH, è una condizione caratterizzata da sintomi relativi ad una scarsa capacità di attenzione e concentrazione.

Sempre più frequente anche negli adulti, con un numero di diagnosi su base annua in costante aumento, il deficit dell’attenzione può risultare di difficile gestione. Esiste un trattamento per l’ADHD? La terapia per l’ADHD è risolutiva? E’ possibile curare l’ADHD senza farmaci? 

L’iter diagnostico che porta all’identificazione dell’ADHD può risultare piuttosto articolato, e solitamente richiede il confronto con più figure professionali, che attraverso colloqui con il bambino e suoi genitori e diversi test pensati specificamente per questa condizione, dovranno isolare i casi di normale distrazione dalle manifestazioni patologiche.

Dopo aver raccolto tutti i dati necessari alla diagnosi, il curante dovrà esaminare con cura la totalità dei sintomi, tentando di ricondurre ognuno di essi ad una causa specifica, onde evitare che condizioni simili (come ad esempio le sindromi depressive e ansiose) possano indurre una diagnosi errata. 

Secondo il Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali, i soggetti con ADHD mostrano schemi persistenti di disattenzione, accompagnati o sostituiti da iperattività/impulsività, in misura tale da andare ad interferire con lo sviluppo del bambino.

L’eziologia del disturbo da iperattività/deficit dell’attenzione non è ancora chiara, ma entrambe le condizioni sembrano essere legate ad una componente ereditaria, con ogni probabilità legata al patrimonio genetico dell’individuo. Gli esperti sostengono che l’ADHD sia il risultato di specifiche alterazione dei neurotrasmettitori, responsabili per la conduzione degli impulsi nervoso attraverso il sistema nervoso centrale. Traumi cranici, lesioni cerebrali ed infezioni, deficienza di ferra, disturbi del sonno ed esposizione a metalli pesanti o determinate sostanze cancerogene in età infantile o durante la gravidanza possono portare allo sviluppo della condizione. 

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E’ ancora controversa l’ipotesi secondo cui alcuni additivi alimentari e gli zuccheri possano portare allo sviluppo degli stessi disturbi o all’aggravamento dei sintomi. Tuttavia, una consistente parte della letteratura medica depone per la presenza dell’ADHD sin dalla nascita, sollevando qualsiasi fattore ambientale dalla responsabilità per lo sviluppo della condizione. 

Sebbene il deficit dell’attenzione/iperattività possa comprendere un generoso corollario di sintomi, la manifestazione principale della condizione è una scarsa capacità di mantenimento dell’attenzione, della concentrazione, nonché della costanza con la quale il soggetto riesce a svolgere le sue mansioni. Nei soggetti più giovani, possono comparire comportamenti impulsivi, mentre in età prescolare il disturbo può comportare difficoltà di comunicazione e nella normale interazione con i propri coetanei. Raggiunta l’età della scuola, i soggetti possono apparire molto distratti, essere propensi all’irruenza e all’agitazione psicomotoria (movimenti continui delle gambe e delle mani, parlare continuamente ma scordare spesso cose da fare). 

Una percentuale compresa tra i 10 ed il 60% delle manifestazioni dell’ADHD comporta disturbi legati alla sfera dell’apprendimento, come difficoltà nella lettura, nella comprensione di quesiti matematici o di comprensione di testi scritti. Solitamente, i soggetti affetti da ADHD presentano un rendimento scolastico inferiore alla media, spesso con bassi voti nella condotta per il comportamento in classe e il mancato svolgimento degli assegnamenti per il doposcuola. Gli studenti sono spesso “assenti”, e tendono a non prestare attenzione.

Il bambino con disturbo dell’attenzione/iperattività può presentare problemi di autostima, depressione, ansia, scarsa tolleranza dell’autorità in età adolescenziale. Più della metà dei bambini affetti da ADHD mostra tendenza all’ira, e durante l’adolescenza tende a comparire una scarsa tolleranza allo stress

E’ probabile che l’alunno con ADHD metta in atto alcuni comportamenti in conseguenza del suo quadro diagnostico. In base alla sintomatologia prevalente potrebbe, ad esempio, essere molto lento nell’iniziare le attività (prevalenza disattentiva) o, al contrario, essere impulsivo e precipitoso (prevalenza iperattiva) per cui ogni caso dev’essere valutato individualmente.

E’ inoltre doveroso specificare che molti bambini presentano comportamenti simili, ma nel caso di alunni con ADHD si tratta di una disfunzione regolativa a base neurobiologica per cui non assimilabile per frequenza e intensità ad alunni svogliati o demotivati. Se avete dubbi in merito potrete segnalare la questione ai genitori che potranno rivolgersi ad uno specialista di competenza (Neuropsichiatra Infantile e Psicologo) per una valutazione.

Dopo queste doverose premesse adesso proveremo a fare alcuni esempi di situazioni che potrebbero verificarsi a scuola con un bambino con ADHD:

  • Tendenza a dimenticare a casa i materiali per la scuola;
  •  Comportamenti da “buffone della classe”;
  •  Tendenza a dimenticare di fare i compiti per casa;
  •  Richiede continui richiami per svolgere anche attività semplici;
  •  Spesso “spara” le risposte a caso;
  •  Infrange le regole dei giochi;
  •  Non è in grado di spiegare come ha svolto un’attività e se ha trovato difficoltà;
  •  Spesso il suo banco è un caos di oggetti non inerenti all’attività che sta svolgendo;
  •  Non riesce a pensare a soluzioni alternative alla propria nei problemi di matematica;
  •  Consegna i compiti senza averli riletti e commette errori di distrazione;
  •  Ha difficoltà nel ricordare nessi causa-effetto in una narrazione;
  •  Risponde prima che la domanda sia stata completata;
  •  Dimostra povertà lessicale nella produzione di testi scritti;
  •  Procede per prove ed errori.

Questi sono solo alcune delle situazioni che potrebbe dover affrontare un insegnante a scuola con un alunno ADHD in classe. Punizioni e rimproveri, come ben saprà chi ha dovuto affrontare questi momenti, non sono deterrenti e non hanno alcun tipo di effetto. Ciò accade perché, come abbiamo detto precedentemente, il bambino non attua queste condotte volontariamente, ma esse sono frutto di una disfunzione regolativa. Dunque come affrontare questa situazione?

Il processo di apprendimento per un soggetto con l’ADHD può risultare piuttosto difficoltoso. Tuttavia, ci sono diverse strategie che possono favorire il mantenimento dell’attenzione anche fra i banchi scolastici. Nel cercare di aiutare un alunno alle prese con difficoltà di concentrazione, un insegnante può: 

  • Assicurarsi che non ci siano fonti di rumore che possano distrarre il bambino;
  • Dare consegne brevi e di facile comprensione;
  • Cambiare spesso il tono della voce;
  • Utilizzare immagini, storie e video durante la spiegazione;
  • Evitare i rimproveri e/o i richiami generici, prediligere modalità alternative per generare curiosità nei bambini e dunque attirarne l’attenzione;
  • Utilizzare i gessi colorati alla lavagna;
  • Utilizzare esempi pratici dell’attività che si andrà a svolgere evitando le astrazioni;
  • Fare ripetere le consegne per assicurarsi la corretta comprensione del compito;
  • Usare il contatto oculare durante le spiegazioni;
  • Programmare la lezione in modo tale da non richiedere lo stesso livello d’attenzione per tutto il tempo.

Fra le strategie per la gestione dell’iperattività troviamo: 

  • Evitare lavori ripetitivi e particolarmente lunghi, anche se semplici;
  •  Concordare preventivamente con il bambino le fasi del lavoro che si andranno a svolgere (compreso il controllo finale);
  •  Assicurarsi che il bambino abbia compreso con chiarezza cosa deve fare;
  • Dare delle piccole ricompense che permettano lo sfogo fisico dell’energia (ad esempio: se ricontrolli quello che hai scritto puoi andare a prendere una merendina al distributore);
  • Dargli modo di uscire dalla classe in modo strutturato così da evitare “evasioni” (ad esempio: tu sei l’addetto alle fotocopie, quando serviranno andrai a farle tu); 
  • Evitare di spiegare le consegne degli esercizi tutte insieme;
  • Creare delle routine di classe.

La terapia per i bambini può comprendere sia una parte comportamentale che un sostegno farmacologico, solitamente volto ad alleviare la sintomatologia e facilitare il mantenimento dell’attenzione. La combinazione dei due approcci sembra essere più efficace nei soggetti più giovani. Tuttavia, l’utilizzo di composti farmaceutici può essere sconsigliato nei soggetti in età prescolare, per i quali può essere sufficiente la sola terapia comportamentale.

I composti psicostimolanti costituiscono la terapia d’elezione per il trattamento della condizione, e fra i più utilizzati troviamo il metilfenidato e farmaci affini alle anfetamine. Le formulazioni tradizionali possono essere sostituite da preparati a lento rilascio, che prevengono un utilizzo sbagliato degli stimolanti andando a diminuire il numero delle somministrazioni giornaliere. 

La lista di composti farmaceutici utilizzabili nel trattamento dell’ADHD comprende anche: 

  • Atomoxetina 
  • Clonidina e la guanfacina (solitamente utilizzati nel trattamento dell’ipotensione arteriosa)
  • Antidepressivi
  • Ansiolitici

I farmaci possono anche essere utilizzati in combinazione fra loro. 

Negli Stati Uniti l’Individuals with Disabilities Education Act (IDEA) federale sancisce che le scuole pubbliche sono tenute a fornire istruzione gratuita e adeguata ai bambini e agli adolescenti affetti da ADHD. L’ambiente scolastico deve essere il meno restrittivo e il più inclusivo possibile, vale a dire che deve essere un ambiente nel quale i bambini abbiano l’opportunità di interagire con i coetanei non disabili e abbiano uguale accesso alle risorse della comunità. L’Americans with Disabilities Act e la Section 504 of the Rehabilitation Act prevedono anche la sistemazione nelle scuole e in altri ambiti pubblici.

Ma fra le possibili terapie per il deficit dell’attenzione non rientrano solamente protocolli medici e farmacologici. In un’ottica di gestione della sintomatologia è possibile adottare una serie di abitudini che possano andare ad ridurre le manifestazioni del disturbo, portando spesso ad una sensibile riduzione della portata del disturbo. 

Alimentazione

Il soggetto con diagnosi di ADHD può cercare un sollievo dalla sintomatologia della condizione attraverso degli aggiustamenti specifici al suo comportamento alimentare. L’eliminazione (o riduzione) di cibi lavorati a favore di abbondanti porzioni di frutta e verdura, abbinati ad una generosa idratazione, possono contribuire all’abbattimento dei livelli di infiammazione e portare ad un sollievo sintomatico. E’ inoltre consigliabile sottoporsi a tutti i test necessari per l’individuazione di intolleranze ed allergie alimentari, così da non sottoporre il proprio corpo ad un ulteriore carico di stress tramite l’introduzione di cibi ostici per il nostro intestino. Sebbene la dieta debba essere personalizzata sulle esigenze del soggetto e stilata attraverso un processo continuo di tentativi e correzioni, la riduzione dei prodotti contenente glutine e caseina offre in molti casi un rapido e significativo sollievo dai sintomi dell’ADHD. 

Integrazione

Se è vero che le abitudini alimentari vanno via via peggiorando, e che il tempo dedicato al proprio nutrimento sia sempre più sacrificato, anche per i meglio intenzionati il reperimento di materie prime di qualità può risultare difficoltoso. L’impoverimento generalizzato dei cibi in quanto a proprietà nutritive, unito agli alti livelli di infiammazione a carico del tratto gastrointestinale (riscontrati in molti soggetti), può preparare il campo per delle gravi carenze alimentari, che si riflettono in un abbassamento generalizzato dell’apporto di vitamine e sali minerali. 

Sono diversi oramai gli studi che hanno messo in evidenza gli effetti delle vitamine e dei sali minerali sull’organismo umano, e le conseguenze a cui un stato di carenza cronica può portare. Bassi livelli di Vitamina D possono causare un aumento dei livelli di infiammazione generalizzato, e in particolare all’interno del tratto gastrointestinale, con alterazione della flora batterica e ulteriore riduzione della capacità di assorbimento delle sostanze nutritive introdotte con il cibo. La carenza di vitamine del gruppo B può invece influire negativamente sullo sviluppo del sistema nervoso centrale e sul suo normale funzionamento. Non è insolito, per i soggetti carenti di vitamina B12, mostrare sintomi del tutto comparabili a quelli del deficit di attenzione. 

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